Cos’è la simbiosi?
Per rispondere a questa domanda, è utile esplorare come la simbiosi si manifesti nella natura, sia nel regno animale che in quello vegetale. Questa indagine ci aiuterà a comprendere più a fondo alcuni meccanismi biologici dell’essere umano e a focalizzarci gradualmente sul processo psichico che caratterizza la simbiosi mentale.
Nel linguaggio animale, il termine “simbionte” si riferisce a un organismo che vive in simbiosi con un altro, beneficiando reciprocamente da questa unione. Tuttavia, questa definizione si riferisce principalmente a un tipo specifico di simbiosi, quella mutualistica. Il termine “simbiosi” deriva dal greco “sýn-bíōsis”, che significa “vita insieme” o “convivenza”. Le relazioni simbiotiche possono essere vantaggiose per entrambe le parti, dannose per uno dei due o neutrali. È importante distinguere tra simbiosi obbligata e facoltativa.
Nella simbiosi obbligata, gli organismi simbionti dipendono l’uno dall’altro per la sopravvivenza: la cessazione della vita simbiotica porterebbe alla morte di entrambi. Nella simbiosi facoltativa, invece, gli organismi possono vivere insieme, ma non è necessario; possono condurre anche una vita indipendente.
Quali sono le principali forme di simbiosi?
Le forme di simbiosi possono essere ulteriormente classificate in diverse sottocategorie:
- Mutualismo: una relazione in cui entrambi i simbionti traggono vantaggio reciproco. Questa è la forma di simbiosi più diffusa e coinvolge tutti gli esseri viventi, inclusi gli esseri umani. Esempi includono i legami tra piante e funghi o tra animali di specie diverse, come gli squali e i pesci pilota.
- Parassitismo: qui un organismo beneficia a spese dell’altro. In questa relazione, il parassita dipende dall’ospite, che subisce danni.
- Commensalismo: in questa forma di simbiosi, un organismo trae beneficio mentre l’altro non è né danneggiato né aiutato. Qui, il più forte sfrutta l’altro senza che quest’ultimo ne tragga vantaggio.
- Amensalismo: questa forma di simbiosi implica che un organismo danneggi un altro senza ricavarne vantaggio. Ad esempio, un albero imponente può ombreggiare una pianta più piccola, impedendole di fotosintetizzare e sottraendole risorse.
Come influisce la simbiosi sulle relazioni umane?
Queste dinamiche non riguardano solo il mondo animale, ma si applicano anche alle relazioni umane. Considerando la distinzione tra simbiosi obbligata e facoltativa, gli individui vivono entrambe le tipologie. Un bambino, ad esempio, vive in una simbiosi obbligata con i genitori, che soddisfano i suoi bisogni primari. Col tempo, idealmente, il bambino acquisisce sempre più risorse personali e riduce la propria dipendenza. Tuttavia, se questo processo non avviene in modo sano, possono svilupparsi relazioni adulte basate su dinamiche simbiotiche, talvolta mutualistiche (come nella dipendenza affettiva) o addirittura parassitarie (come nello stalking).
La simbiosi mutualistica, in particolare, solleva interrogativi importanti a livello psicologico. Secondo Bleger (2010), “la simbiosi è una stretta interdipendenza tra due o più persone, che si completano per mantenere sotto controllo i bisogni delle parti più immature della personalità”. Chi partecipa a una simbiosi può sentirsi a proprio agio, ma a un costo: si escludono zone delle proprie risorse adulte, cercando di soddisfare bisogni non soddisfatti durante l’infanzia.
Ogni simbiosi riporta alla mente il rapporto con un genitore “carente”, tentando di manipolare l’altro affinché colmi quel vuoto. Da adulti, le persone possono ripetere schemi appresi da bambini, che non sono più adeguati alla vita adulta. La simbiosi, quindi, può ostacolare la crescita personale e il legame di attaccamento, che spesso non è innocuo, ma tende a bloccarsi, anche se inconsapevolmente.
Un legame simbiotico nasce dai bisogni infantili irrisolti e dall’illusione di poterli finalmente soddisfare attraverso un’altra persona, che assume il ruolo di genitore. Questo può nascondere una mancata individuazione e oscurare il percorso verso il benessere: la ricerca di un genitore interno, non esterno.
La terapia può rappresentare il primo passo verso l’autonomia.
“Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare.”
(F. Perls)
Foto di Ylanite Koppens